Monastero di San Pietro in Parietibus

Il monastero con annessa chiesa sorgevano in quella che adesso conosciamo come C.da San Pietro. Si trattava di un complesso benedettino di origini molto antiche. Sorgeva vicino ad  una sorgente molto importante che adesso alimenta l’acquedotto comunale e lungo un’importante via romana  che conduceva a Celenza. La sua posizione, la fertilità del terreno  e la presenza dell’acqua  consentirono al monastero acquisire nel coso del tempo un immenso patrimonio fatto di terreni con abitazioni tanto  da essere chiamato “Feudo di S. Pietro in Parietibus”

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Dalla Platea Orsini del 1714 sappiamo che il “Feudo di S. Pietro in Parietibus” si estendeva per 2298 tomoli (circa 700 ettari). Il monastero possedaeva anche un altro “feudo”, quello della Valva di 1936 tomoli (circa 600 ettari).

Data la vastità dei possedimenti e l’antichità del complesso, è certo che esso rivestì un ruolo piuttosto importante negli equilibri territoriali celenzani.

Il complesso monastico cadde in rovina prima del 1700. Infatti,  nella Platea Orsini è riportato che detto monastero “ esisteva prima del 1714”.

La maggior parte del materiale venne riutilizzato per costruire le masserie e fabbricati rurali numerosi nella zona. Tra i ruderi fu anche trovata una grande croce in pietra andata poi dispersa.

Parte dell’area dove sorgeva il monastero era rimasta incolta fino a qualche anno fa ed erano ben visibili un muro rettilineo e l’abside della chiesa. Nelle foto è documentata la stato prima e dopo la “ripulitura” effettuata dai proprietari del terreno.

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Quando i proprietari iniziarono l’opera di “ripulitura” utilizzando un grosso escavatore furono portate alla luce ossa umane , ceramica e lastre di terracotta che attestavano la presenza di tombe di epoche diverse. Una comunicazione alla Soprintendenza Archeologica di Foggia  e  il successivo sopralluogo riuscirono a fermare lo scempio che si stava producendo. Nonostante la comunicazione fatta dal Responsabile dell’Ufficio della Soprintendenza Archeologica di Foggia al Sindaco di Celenza Valfortore in cui si dichiarava che l’area era di “indiscusso interesse archeologico” non si provvide a eseguire scavi per temporanea mancanza di fondi. Comunque fino all’estate del 2008 l’area rimase intatta.

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Sul finire dell’estate, però, i proprietari  ripresero i lavori di “ripulitura” e nonostante un’immediata comunicazione congiunta del Sindaco di Celenza e del Presidente dell’Archeoclub al Responsabile della Soprintendenza di Foggia non si riuscì a fermare l’opera di distruzione del patrimonio storico e archeologico che si stava compiendo.

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Per mettere a coltura qualche centinaio di metri quadrati di terreno sono state eliminate per sempre le ultime testimonianze del complesso monastico e non solo.

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Tutto ciò che rimaneva del monastero lo si ritrovava in montagne di pietra pronte per essere vendute a qualche impresa o frantumato nel terreno.

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P.s.  I proprietari dl fondo non sono celenzani.